Nell’ambito delle auto elettriche si fa un gran parlare di batterie, argomento che anche noi abbiamo avuto occasione di trattare diverse volte sulle pagine del blog. Il chiacchiericcio alimenta la convinzione che irrobustire il sistema di ricarica elettrica rendendolo sempre più capillare sia solo una parte della soluzione, poiché il problema della frequenza rimarrebbe comunque presente.
Batterie performanti e tecnologiche, in grado di assicurare maggiore autonomia e minori tempi di ricarica. In una parola batterie allo stato solido, ormai ci siamo quasi, ma è bene chiarire che non si tratta di una novità assoluta in quanto strumento già consolidato in ambito IoT e non solo. Molti produttori hanno infatti annunciato che i modelli in arrivo saranno equipaggiati con la grande novità che tutti attendono. Basterà per debellare definitivamente l’ansia da colonnina oppure costituirà una parte dell’intera rivoluzione? Di certezze non ve ne sono ancora, tuttavia chi dovesse centro si troverebbe in una situazione particolarmente favorevole e comincerebbe giustamente a sfregarsi le mani per i potenziali business da sviluppare. Spazio dunque all’analisi e all’inquadramento del fenomeno delle batterie allo stato solido: cosa sono, come funzionano e anche un piccolo focus conclusivo sulle auto elettriche già pronte per debuttare con gli innovativi accumulatori.
Batterie allo stato solido: cosa sono
Per poter impostare il ragionamento nella sua totalità bisogna prima considerare lo status quo in materia. Al giorno d’oggi il 99% delle auto elettriche in circolazione è dotato di batterie agli ioni di litio, che sfruttano un materiale liquido, chiamato elettrolito, per “condurre” l’energia elettrica tra l’elettrodo negativo (anodo) e quello positivo (catodo). Nello scenario iniziale, ossia in assenza di cariche, il catodo mantiene la struttura in equilibrio grazie alla sua composizione metallica ma nel momento in cui la cella subisce la tensione elettrica gli ioni immagazzinati si trasferiscono dal catodo all’anodo per mezzo dell’elettrolito. Quando la batteria viene invece scaricata si ritorna alla situazione di partenza, ma è importante tenere presente che le due operazioni comportano produzione di calore.
Come si può facilmente evincere le batterie allo stato solido modificano unicamente l’elettrolito, il quale diventa per l’appunto solido (e non più gel). Una piccola modifica che però contribuisce a eliminare alcune criticità che, a cascata, conducono a benefici significativi. Da un punto di vista chimico non esiste ancora una formula definitiva che chiarisca quali composti diano forma all’elettrolito. Molteplici soluzioni sono allo studio per cercare di capire quale sia la ricetta vincente. Uno dei dubbi che tengono banco riguarda l’uso del grafene al posto del litio, con alcune prove che dimostrano come la ricarica si attuerebbe in appena otto minuti: pura fantascienza!
Si capisce quindi come il problema dello stato materico porti con sé anche la questione legata al tipo di materiale: siamo davvero giunti alla fine dell’epopea del litio? Se il sogno di tutti i proprietari di un’auto elettrica è possedere una vettura che si scarichi lentamente e si ricarichi in una frazione di secondo allora bisognerà guardare altrove. Il problema è comune a molti altri ambiti tecnologici ma per il momento ci si deve accontentare di valutazioni prettamente teoriche. Migliorare la densità energetica e penalizzare contemporaneamente peso e costi renderebbe l’intero meccanismo ugualmente insostenibile.
Batterie allo stato solido: pro e contro
Come detto poc’anzi una piccola modifica strutturale può comportare grandi benefici su larga scala. Pertanto il funzionamento non muta, l’elettrolito svolgerà gli stessi doveri di prima agendo sempre in collaborazione con il catodo. Il primo grande vantaggio deriva dalla gestione delle temperature: di norma le celle di una batteria non devono superare i 45° in fase di carica e i 60° in fase di scarica. Nel caso in cui queste soglie vengano raggiunte (o addirittura superate) si innescano reazioni chimiche che creano ulteriore calore fino alla possibilità di esplosioni o incendi.
Essendo allo stato solido l’elettrolito ha una maggiore resistenza al calore e ciò consente di aumentare la densità energetica e la potenza di ricarica. Bastano questi due fattori per capire dove stiamo andando a parare: il risultato dell’addizione è un’autonomia maggiorata a parità di capacità della pila. Tutti effetti collaterali benevoli che risolverebbero la quasi totalità delle preoccupazioni del consumatore.
Per quanto sia semplice da esporre a parole la difficoltà risiede nel tradurre la teoria in pratica. Il reperimento del materiale non è così immediato, poiché le caratteristiche statiche dell’elettrolito sono complesse da riprodurre e da mantenere. La parola chiave è “dendrite”, vale a dire una massa di cristalli che si forma a seguito della solidificazione di un metallo. Ma anche dopo averlo reperito è necessario realizzare una produzione di massa e i costi provvisori sarebbero molto elevati.
Batterie allo stato solido: scenari futuri
Molte Case automobilistiche hanno stretto partnership con aziende specializzate nella produzione di batterie con l’obiettivo di creare sinergie proficue sul lungo termine. L’orizzonte temporale entro cui dovremmo vedere i primi prototipi si aggirerà nel 2025, ma c’è chi già ha cominciato gli esperimenti sul campo.
Mercedes per esempio sta testando la tecnologia sul bus eCitaro, dove le celle sono posizionate perlopiù sul tetto, soluzione particolare. Anche Toyota sta puntando molto sulla nuova tecnologia (si parla di un investimento complessivo di 14 miliardi), segno che le convinzioni sull’idrogeno possono essere messe in stand-by da un momento all’altro. Sembra invece decisamente avanti nel progetto Ford, che ha davanti a sé un futuro potenzialmente luminoso: l’Ovale Blu ha infatti stretto accordi molto proficui per la realizzazione dei prossimi modelli, specialmente in settori dove è leader (pick-up e veicoli commerciali).