Nel mondo dell’elettrico si tende a fare tutto in grande, a volte anche fin troppo. Essendo un mercato in forte rampa di lancio molto spesso si fa l’errore di puntare su grandi proclami con scopi puramente riconducibili al marketing, quando invece l’obiettivo comune dovrebbe essere quello di trovare soluzione realmente impattanti.
Il capitolo batterie è come un libro aperto e di spazio per conquistare una pagina nella trama se ne trova in abbondanza. All’interno del nostro blog abbiamo più volte trattato la tematica da varie angolazioni, evidenziandone le peculiarità ma anche i limiti, evidenti e noti, che rendono le auto elettriche efficienti ma non fino in fondo. L’approvvigionamento dei materiali, la durabilità e lo smaltimento delle stesse rimangono problematiche da risolvere con una certa urgenza, ma farlo a spese dell’ambiente non è eticamente corretto.
Ecco perché molto spesso è utile diffidare di titoloni che inneggiano alle “super batterie” se poi, aprendo l’articolo, si scopre che esse comporterebbero ad esempio costi superiori a quelli attuali, che già leggeri non sono (ma la curva è in fase calante). In questa guida rapida andiamo dunque a capire come migliorerebbero le “super batterie” se fossero commercializzate nel futuro prossimo.
Super batterie per auto elettriche: materiali e architettura
Le batterie oggi utilizzate sono perlopiù agli ioni di litio, una tecnologia valida in termini di efficienza ma che può essere ulteriormente migliorata. Il principio di funzionamento è quello classico di una pila e prevede uno spostamento del liquido (o del solido) dal polo positivo (catodo) a quello negativo (anodo).
Quando si ricercano materiali alternativi si guarda con particolare accortezza alla densità energetica degli stessi, ossia alla loro capacità di immagazzinare energia al loro interno. Samsung ha proposto una soluzione che prevede l’impiego di un sottilissimo strato di argento e carbonio in sostituzione del polo negativo per scongiurare la creazioni di cristalli all’interno dell’elettrolita. In questo modo si riduce sensibilmente il rischio di esplosioni e cortocircuiti.
Intervenire sul polo negativo pare proprio essere una scelta condivisa. Al posto della grafite si potrebbe sostituire un composto di grafite e siilico, sfruttando l’alta densità energetica di quest’ultimo (oltre dieci volte tanto). O ancora il litio metallico, per aumentare l’autonomia di un buon 30-40%. Anche il catodo potrebbe subire modifiche, a partire sempre da soluzioni composte di litio, ferro e fosfato. Ma c’è chi spinge per l’impiego del manganese, che consentirebbe di accrescere la densità energetica fino a 400 Wh/kg.
Il grande punto di domanda è legato alla reperibilità dei materiali, che riportano in luce il discorso spinoso sulle “terre rare”. Il cobalto rimane un enorme problema, anche se non viene utilizzato in ambito automobilistico ma soprattutto tecnologico, le sue riserve cominciano a scarseggiare. Ecco dunque che il tanto bistrattato litio rimane quindi una prospettiva ancora attuale.
L’altro grande passo in avanti da compiere riguarda l’architettura. Oggi la progettazione di un’auto elettrica paga il peso importante della batteria, sempre più gravoso poiché deve assicurare autonomie perlomeno accettabili. In tal senso, oltre all’utilizzo di materiali più leggeri, si è cominciato a pensare di realizzare le auto elettriche attraverso componenti in grado di essere loro stessi vettori di energia elettrica.
Batterie leggere e altamente conducibili: significa anche riduzione consistenze di spazio e un maggior numero di celle a parità di ingombro. Risolto questo annoso problema il resto sarà solo una diretta conseguenza, a cominciare da autonomia e velocità di ricarica. A tal proposito i progettisti e i produttori hanno risolto raddoppiando la tensione nominale delle batterie, esperimento già realtà nelle cugine Porsche Taycan e Audi E-Tron GT. Una simile operazione sarà immediatamente copiata, soprattutto se pensiamo ai punti di ricarica sempre più performanti che cominciano a essere installati sulla nostra rete stradale.
Anche i costi di gestione saranno ulteriormente ridotti. Attualmente gli accumulatori sono garantiti in genere fino a otto anni oppure 160.000 chilometri (200.000 nei casi più estremi), ma c’è chi si è unito al coro propagandistico di stampo elettorale proclamando durate fino a un milione di chilometri: pura fantascienza, almeno per ora.
In sintesi, l’auto elettrica progredisce e lo fa con costanza. Le priorità ambientali sono divenute ormai centrali e il dibattito in materia si fa sempre più serrato. L’innovazione avanza e deve necessariamente stare dietro a una domanda che crescerà in maniera esponenziale nel prossimo quinquennio. Eppure, ci sono seri ostacoli da superare per rendere l’intero processo sostenibile che non possono essere risolti con uno schiocco di dita.